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Slow Tour attraverso l’Umbria

Syusy e Patrizio nel cuore verde d’Italia tra storia, paesaggio, architettura, gastronomia

Patrizio

Il nostro Slow Tour per l’Italia non poteva prescindere dall’Umbria, una regione densissima di Storia e di Spiritualità, la Regione “verde” per eccellenza.  Siamo partiti da Norcia, che si trova sulla piana di Santa Scolastica, a circa 600 metri d’altitudine. Il suo nome deriva da Northia, guarda caso la Dea Fortuna venerata dagli Etruschi. Norcia è ancora circondata da mura, con una Abbazia Benedettina che è stata costruita esattamente sui resti della casa natale del Santo. Io-Patrizio, alle 17,30 in punto, sono andato prima ad assaggiare la famosa Birra dei monaci (squisita), che doveva servire per alleviare i morsi della fame nei periodi di digiuno.

Poi ho assistito alla loro preghiera e ai canti gregoriani, nella cripta della Basilica benedettina. Mi ha colpito il gruppo dei frati: tutti molto giovani, provenienti da tutte le parti del mondo. Sembravano quasi… un gruppo rock, nel senso che il taglio dei capelli e delle barbe e l’abbigliamento funzionano come evidenti “segni di riconoscimento” e di appartenenza, che sottolineano una fortissima identità e li caratterizzano come “gruppo”, che osserva determinate regole comportamentali che ormai – rispetto all’andamento generale – possono essere considerate quasi devianti e rivoluzionarie. Un incontro per me significativo, grazie anche alla chiacchierata che mi ha concesso il giovane vice-priore, americano di New York.

La Sibilla (Syusy)

A proposito di Sibillini e di Northia, io-Syusy dico che la Dea Fortuna non bisogna dimenticarla perché – percorrendo la strada verso Castelluccio – mi sono resa conto di essere nel pieno del territorio montano dove è più che mai presente la Sibilla. Che guarda caso era colei che prediceva il futuro: la sua iconografia tipica è quella di una donna eremita che abita una grotta, coi capelli lunghi, un lungo abito che la copre che si presentava a volte alterne giovane e bella o molto vecchia (forse perché la Sibilla è stata impersonata nei secoli da sacerdotesse diverse che invecchiavano e poi erano sostituite da donne giovani). La Sibilla è rappresentata coi suoi libri accanto, è circondata da libri: in particolare ne ha uno voluminoso in mano. E’ il Libro dei Destini degli uomini. In realtà la Sibilla era una Pizia, un oracolo, come ce ne sono state tante nell’antichità (come a Delfi o a Cuma) e prediceva  il futuro.

È la Dea arcaica che non ha tempo, si trova in una situazione non legata né al passato, né al presente o al futuro, bensì è sospesa in uno stato di “onnipresenza”, conosce ogni cosa e la può predire perché ogni cosa coesiste in lei che è senza tempo. Non a caso è bendata: non vede nulla, non vive in un tempo determinato ma vede tutto. Che strano: tutto questo è la rappresentazione di un concetto della Fisica che ti fa capire come il tempo è una nostra ostinata convinzione ma non esiste, come diceva Einstein!

Le lenticchie (Patrizio)

Prima di arrivare a Castelluccio Io-Patrizio mi fermo lungo la strada, all’inizio della Valle, attratto da un gruppo di contadini al lavoro attorno ad una grossa e vecchia mieti-trebbia. Stanno raccogliendo le lenticchie, il prodotto tipico del luogo, pregiatissime perché molto piccole e piene di nutrimento. Oramai da queste parti si coltivano praticamente soltanto lenticchie: ci raccontano che fino a pochi anni fa non era così, si coltivava un po’ di tutto. Ma ormai le colture “normali” non rendono più quasi niente, conviene soltanto il prodotto “tipico”, che garantisce di avere un mercato. Adesso è tutto meccanizzato, ma una signora ottantenne ci fa vedere come si faceva un tempo a separare a mano la lenticchia dalle stoppie, passandole in un setaccio fatto roteare abilmente soltanto dalle donne (con una “mossa” tutta particolare).

La cosa bella è anche da queste parti esistono le Regole, cioè i residui di un diritto agricolo in base al quale la terra è di tutti e di nessuno: anche se ognuno si pianta e si raccoglie le sue lenticchie nel suo campo poi, dopo la raccolta, il terreno torna libero e a disposizione di tutti per il pascolo del bestiame. Infatti io- Syusy intervisto un pastore che passa la strada col suo gregge, lui è rumeno ma le pecore sono di proprietà di qualcuno di Castelluccio il paese che sovrasta una valle straordinariamente bella e insolita, un paesaggio unico.

Castelluccio

Abbiamo dormito al Rifugio di Colle Le Cese, per poter esser pronti la mattina seguente per una esperienza che sognavamo da tempo: un trekking con gli asini sui Monti Sibillini, nella zona di Castelluccio di Norcia, che sta in alto al centro di una Valle straordinaria dominata dal Monte Vettore. Valle che cambia letteralmente colore in base alle stagioni e alle varie ore del giorno, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Qui si respira un’aria “arcaica”, dove ancora transitano le greggi di pecore, dove mancherebbe soltanto un villaggio di yurte per pensare di essere in Mongolia. Qui ancora si parla della Sibilla come di una presenza reale. Al mattino presto la Valle sparisce, sembra un lago, è coperta di nebbia , sembra Avlon .

Trekking con gli asini

Alle porte di Castelluccio ci aspetta Roberto, del gruppo de La Mulattiera, con altri turisti e tre asini, due muli e un cavallo. Gli animali trasportano tutto l’occorrente per il pasto che faremo lungo  la camminata che, attraverso un sentiero che taglia per la montagna, ci riporterà in serata alle porte di Norcia. La giornata è bella, i colori sono indescrivibili, il paesaggio francamente è speciale. E soprattutto è praticamente intatto: non ci sono brutture a rovinarlo. L’Umbria qui si svela come una Regione che puoi fotografare col grandangolo, cioè senza bisogno di isolare una cosa bella (che sia un monumento, una pianta, una veduta) per preservare la visione da ecomostri di nessun genere.

Si parte spavaldi, tenendo gli animali per la cavezza, poi qualcuno comincia a farsi trainare dagli asini più che portarseli dietro. Gli animali non hanno le nostre fisime ideologiche e non sentono l’obbligo di essere politicamente corretti: il cavallo pretende di stare davanti a tutti, poi vengono i muli e quindi gli asini, in una gerarchia molto precisa. E, in particolare, tra gli asini esiste chi può stare davanti e chi deve stare dietro, c’è il capo e il gregario. Soprattutto non c’è verso di separare gli asini tra loro: dove va uno vanno tutti, per forza.

Dopo un po’ io-Syusy salgo su uno degli asini, tirato da Patrizio, di cui però non mi fido (né dell’asino né di Patrizio): stanno troppo vicini al ciglio del burrone.

Se è per questo dopo un altro po’ io-Patrizio mi rassegno a salire in groppa al mulo, che però – lui sì! – sceglie sempre la strada più pericolosa e più vicina allo strapiombo. Roberto mi dice che è normale… Allora salgo sul cavallo, che però ad un certo punto diventa nervoso perché ha visto… volare uno strano uccello. Sono i deltaplanisti, che quasi riempiono il cielo: Castelluccio è uno dei posti più rinomati per il volo.

Infatti la valle è riparata dai venti, ricca di buone correnti ascensionali e soprattutto un luogo di rara bellezza, per cui vengono qui da tutto il mondo e si lanciano col parapendio o col deltaplano. Divoriamo l’ottimo pasto quando finalmente la salita è superata, senza sensi di colpa perchè ce lo siamo meritato, e verso sera siamo di nuovo a Norcia, dove io-Patrizio entro a cavallo (nonostante il divieto d’accesso agli animali, lo confesso), sentendomi un Brancaleone (da Norcia!) in sella ad Aquilante.

Prosciutto e tartufo (Patrizio)

A proposito di luoghi comuni, come si fa a non incontrare un norcino a Norcia? Con le poche forze rimaste, vado a trovare Giuseppe Fausti, nella sua fattoria dove alleva maiali allo stato brado. Lo trovo in mezzo al campo, che fischia ai suoi maiali che gli corrono incontro, come cagnolini fedeli. Lui li coccola, li chiama per nome uno per uno (ne ha centinaia!), dice di amarli molto ma poi mi accompagna nel suo “laboratorio”, dove mi mostra come si tagliano, affettano, puliscono e preparano per diventare prosciutti e braciole: quella del norcino è veramente un’arte, che non a caso è nata da queste parti.

E per non farci mancare niente in termini di agro-gastronomia, la mattina dopo sono andato anche a trovare un tartufaio, Nicola Berardi, coi suoi bravi cani. Il tartufo, si sa, è manicheo: o è bianco o è nero. Ma c’è anche lo scorzone, che sarebbe poi un tartufo nero estivo, meno pregiato ma comunque buono. Girare coi cani in campagna, in questa magnifica campagna in particolare, è una bella esperienza, e quasi non ci si crede quando il cane riesce a trovare un tartufino nascosto sotto le foglie, a quattro dita sottoterra. Il padrone però non è che non deve fare nulla: appena vede che il cane sta raspando si deve buttare a tuffo, per evitare poi che il cane si mangi il tartufo.

Bici & Gommone (Patrizio)

Io-Patrizio ho dormito a Norcia, al Grotta Azzurra, dove la mattina avevo appuntamento con Nicola Checcarelli che doveva noleggiarmi una bicicletta, per continuare lo Slow Tour lungo la ciclabile che hanno approntato sul percorso della ex-ferrovia Norcia-Spoleto. Mi fa da guida Paolo Capocci, che mi racconta che la ferrovia è stata dismessa nel 1968 e solo da poco s’è messo mano a lunghi tratti dei 52 chilometri che separano appunto Spoleto da Norcia. Non me la farò però tutta in bicicletta (che, confesso, è una bicicletta a “pedalata assistita”) perché, arrivato a Serravalle (dopo un bellissimo tragitto pianeggiante in una Valle stupenda), mi aspetta Cristiana, che mi porta a fare rafting: in gommone lungo il fiume Corno.  

A me spaventano molte cose: spaventa la fatica di una pedalata, spaventa cadere da cavallo o dal cammello, ma l’acqua no, non mi fa paura. Ho fatto rafting diverse volte, in posti diversi, sempre affidandomi all’esperienza di chi mi accompagnava. E in effetti Cristiana e i suoi allievi, tutte guide giovanissime e simpatiche, mi portano a scivolare col gommone lungo una corrente tranquilla, che mi regala anche il tempo di godermi dei posti stupendi (ad esempio le Gole di Biselli) lungo la Valnerina che, vista dall’acqua, è davvero speciale: spesso il fiume costeggia la strada, ma se l’avessi percorsa in macchina non avrei visto nulla. Miracoli dello Slow Tour!

Acqua & Olio

Questo giro per l’Umbria è stato anche un percorso fatto di acqua: l’acqua che viene raccolta dalla piana di Castelluccio e che ci piace pensare che affiori alle Fonti del Clitumno e quindi cada dal dislivello delle Marmore.

A proposito di Clitumno: le fonti sono una cartolina naturalistica unica nel  suo genere, con il laghetto limpido e verde (pare che da qui Carducci abbia tratto il famoso verso “Salve Umbria Verde”) contornato di salici e pioppi. Un chilometro più avanti c’è il famoso Tempietto, costruito attorno al 500 d.C. Utilizzando materiale di un antico luogo di culto pagano.

Dopo una sosta obbligatoria in uno dei frantoi della zona, dove si trova un olio tra i più pregiati d’Italia (le colline qui, lungo una fascia climatica tutta speciale, sono un’ottima terra da olivo), si arriva a Spoleto. Abbiamo dormito a Palazzo Leti, uno dei tanti “miracoli” del turismo, che permette di recuperare e aprire dei Palazzi storici bellissimi, facendoli diventare alberghi o alloggi e B&B. Dalla terrazza del Palazzo si gode una vista strepitosa della città.

Il giorno dopo, con l’amico Moreno Carlini, io-Patrizio faccio un giro per la città (rigorosamente a piedi, sconsigliata bicicletta causa continue salite). In particolare faccio il classico giro della Rocca, che vuol dire appunto percorrere le mura circumnavigando il centro storico della città arrampicata in cima al Colle di Sant’Elia. Partendo dal terribile e affascinante Ponte delle Torri (che, grazie anche alla citazione di Goethe, è un po’ l’immagine di Spoleto), si arriva appunto in cima alla Rocca, restaurata di recente (era un carcere). Non ho potuto fare a meno poi di fare un salto anche alla Casa-Museo di Giancarlo Menotti, che ha regalato a Spoleto il Festival che l’ha resa notissima in tutto il mondo.

Paesaggi

Il nostro giro per l’Umbria è stato in realtà più ricco e complicato di quanto riusciamo ad accennare qui: è stato certamente uno slow tour dentro a un paesaggio unico, ma – ormai lo sappiamo – paesaggio vuol dire territorio, che a sua volta dipende dal modo in cui è intervenuto l’uomo. In Umbria per fortuna ci sono ben poche zone industriali, che vuol dire pochi capannoni, e viceversa c’è una agricoltura fiorente, che vuol dire terra ben tenuta e molti prodotti tipici, che a loro volta attirano e sviluppano il turismo.

A Montefalco, per esempio, non si sa da dove cominciare: dal vino Sagrantino che viene prodotto dal vitigno che pare abbia portato da queste parti San Francesco dall’Oriente, oppure dal centro storico interessantissimo dove c’è il Monastero di Santa Chiara dove si conserva una vite secolare vecchia di più di 150 anni che ha preservato il vitigno locale? Oppure dal paesaggio che grazie alle viti è di una particolare bellezza?

Tutte queste cose si tengono assieme, e l’una dipende dall’altra: storia, territorio, paesaggio, architettura, gastronomia. E facendo uno Slow Tour questo si ha il tempo di capirlo bene.

Syusy e Patrizio

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