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Slow Tour in Emilia: i luoghi di Giuseppe Verdi

Busseto, Roncole, Sant’Agata sulle tracce del Maestro

Busseto, patria di Giuseppe Verdi, è una cittadina molto attraente, una meta turistica con un centro storico accogliente fatto di Palazzi, portici, Piazze che ti preservano e ti consolano del clima che spesso non è del tutto favorevole: caldo d’estate e freddo/umido d’inverno, come da tradizione della Bassa. Ma, in fondo, dove risiede il fascino vero di un luogo? Secondo me deriva soprattutto dalla Storia e dai Personaggi che lo hanno animato. Non per niente ho voluto andare a Samoa dove passò gli ultimi anni Stevenson, e poi a Hiva Hoa dove visse Gauguin o alle Svalbard dove partì Nobile e soprattutto dove scomparve Amundsen… A Busseto è appunto vissuto Giuseppe Verdi. E ci vive ancora, a giudicare dagli edifici a lui dedicati o comunque a lui legati.

Busseto Piazza Verdi, Immagine di Flickr User Renaud Camus

Busseto Piazza Verdi, Immagine di Flickr User Renaud Camus

Innanzitutto, in Piazza Verdi, dietro al grande monumento in cui il Maestro sta seduto accigliato, c’è il Teatro Verdi. E’ un gioiellino, una mini-Scala, tutto affrescato e stuccato con cartapesta preziosa che – assieme al fatto che si trova al primo piano e sotto e sopra è circondato dai saloni della antica Rocca Pallavicino – gli dona una ottima cassa di risonanza e quindi buona resa acustica. Poi c’è il curioso rapporto tra questo teatro e Verdi: i suoi concittadini glielo dedicarono ma lui non venne all’inaugurazione del 15 agosto 1868 (dove le signore vestirono in verde per rendergli omaggio) né volle mai più entrarci. Secondo il Maestro era troppo costoso (gli era toccato donare 10.000 lire) e poi nessuno glielo aveva chiesto di intitolarlo a lui….

Luoghi di Verdi: Le Roncole e Sant’Agata

Tutte queste informazioni me le regala un bel signore incravattato in doppiopetto, che mi pare proprio un direttore d’orchestra. Invece è un veterinario, il Dottor Giancarlo Contini. Che in teatro sta illustrando agli invitati ad un Convegno sul Suino Pesante la storia di Verdi. Nel Foyer si è anche insediato per l’occasione Angelo (Dadomo, cuoco) che serve spalla cotta di San Secondo cara a Verdi e anche la mariola, o mariolina, una specie di cotechino light ottenuto con meno cotiche e carni più magre. E lì accanto Contini ha riprodotto di suo pugno, su carta gialla da macellaio, le lettere di Verdi in cui il Maestro elenca i suoi capi di bestiame e i suoi ettari di terra, ordina foraggio e bestiame, lascia un vitalizio a due giovani bussetani che studiano agraria. Ma che rapporto c’era tra Verdi i la spalla cotta??? Attraverso la Piazza e salgo in Casa Barezzi (il suocero del Maestro), che ora è un Museo verdiano. Il responsabile, Riccardo Napolitano, mi legge un’altra lettera di Verdi, che non lascia dubbi: “Io sono, sono stato e sarò sempre un contadino delle Roncole”. E poi un’altra lettera in cui cerca un cuoco bussetano da portarsi a Genova, perchè gli cucini i piatti tipici della sua terra. Il legame tra Verdi e la terra è ossessivo, quasi maniacale. E’ la stessa Giuseppina Strepponi, la sua seconda compagna e poi moglie (scandalo a Busseto!) che se ne lamenta, in un’altra lettera.  E allora un itinerario verdiano deve trasferirsi dal teatro alla terra e alle case di Verdi…

La Casa dove nacque duecento anni  fa, il 10 ottobre 1813, a Roncole Verdi, è una osteria, che era gestita dai genitori. La visita è interessante: i muri sono conservati mentre gli arredi sono stati ricostruiti non-filologicamente dall’architetto Cervellati (lo stesso che ha restaurato anche il teatro) con oggetti di legno grezzo e chiaro, che non vogliono assolutamente rifare un falso ma solo segnare la funzione dei vari ambienti. Notare che se fosse stato per Verdi questa casetta non ci sarebbe più: avrebbe voluto raderla al suolo, per evitare il pellegrinaggio dei tanti fans, che lui non sopportava. Salendo nella sua cameretta di bambino, dove si esercitava anche a suonare, è chiaro dove ha introiettato il sapore e il profumo della terra: la finestra dà sulla stalla, dove c’erano i cavalli, i polli, i maiali.

Roncole Verdi, Immagine di Flickr User Renaud Camus

Roncole Verdi, Immagine di Flickr User Renaud Camus

Dopo essere diventato ricco e famoso Verdi si è progettato e costruito una grande villa, a Sant’Agata, che resta però prima di tutto una azienda agricola. Tutte le camere, anche la camere da letto della Strepponi e del Maestro, sono al piano terra e comunicano con l’esterno del giardino-parco, che a sua volta si affaccia sulla terra coltivabile tramite un grande cancello. Angelo Carrara Verdi, il pronipote e attuale proprietario che mi fa da guida, mi mostra il tavolinetto dove Verdi scriveva, che era strategicamente collocato dietro ad una finestra da cui si controllava chi entrava e chi usciva, cosa portavano dentro e fuori i fattori e le cuoche. Verdi voleva controllare tutto, si alzava alle quattro del mattino per andare in campagna: tanto è vero che la sua collezione di carrozze parte da un tipo adatto ad andare sulle capezzagne per controllare i lavori nei campi, una specie di fuoristrada ante litteram. E ogni lira guadagnata lui la re-investiva nella terra. Era tirato e avaro, ma quando un suo mezzadro invecchiava gli regalava una casa e un pezzo di terra, e alla fine ha lasciato quasi tutto a locali opere benefiche.

Assaggia i prodotti locali

L’Azienda Agricola Casella, nel territorio di Fiorenzuola, è assieme agriturismo-ristorante e museo della civiltà contadina: Franco e Annarita ti nutrono con ricette verdiane tradizionali. E magari si incontrano anche Roberta Biagiarelli e Sandro Fabiano che stanno provando il loro spettacolo, “L’altra Opera”, in cui si celebra e si racconta appunto il Verdi agricoltore, che girava il mondo e si interessava di nuovi metodi di allevamento o di coltivazione e poi li portava qui a casa sua. Ma il luogo per eccellenza dove si trovano i prodotti locali è in centro a Busseto, quasi all’angolo con Piazza Verdi: la Salsamenteria, che si dice sia la più antica osteria del mondo, risalente addirittura al 1500. Verdi veniva qui a mangiare, bere, comporre e guardare le donne e l’ha resa famosa. Poi Toscanini, D’Annunzio, Ricordi, Pavarotti, Carreras e anche Zucchero hanno fatto il resto per celebrarla. Dopo la lunga gestione della famiglia Baratta, adesso l’Oste è Abele Concari,  dolce e gentile come il suo nome biblico. Anche se è un po’ Caino, nel senso che cerca di assassinarti con i suoi salami, ciccioli, culatelli che per fortuna vanno giù con un sorso di rosso Gutturnio, bevuto rigorosamente nella tazza con il pollice dentro (come da tradizione). Se poi uno vuole immergere se stesso nella tradizione, in Piazza c’è sempre il Ristorante I due Foscari, gestito dalla famiglia di Carlo Bergonzi, che è stato definito il miglior tenore verdiano del XX secolo…

Salsamenteria, Immagine di Flickr User Fredrik Rubensson

Salsamenteria, Immagine di Flickr User Fredrik Rubensson

Se la ricetta del turismo è territorio/storia/prodotti/gastronomia/cultura, allora Busseto e dintorni rappresentano una grande occasione. Ma come la mettiamo col clima? Quando è meglio venire a Busseto per un week end? Cosetta Allegri, di Vapensiero-Tour (che su Verdi organizza tutto, dal soggiorno ai concerti ai banchetti) quasi si arrabbia: “Qui si può venire tutto l’anno”. Ma come la mettiamo con la nebbia d’inverno? “L’inverno è la stagione più bella, quando la nebbia addolcisce il panorama e rende morbido il culatello!”. E allora il suo amico Bandini mi cita a memoria Guareschi, che diceva pressapoco: “Verdi è più di ogni altro un prodotto della sua terra. Una terra dove i tramonti sono avventure omeriche, dove la luna è rotonda e rossa, dove le passioni si accendono, dove d’estate il sole picchia martellate furibonde sulla testa della gente e d’inverno la nebbia opprime i cervelli, dove comunque succedono cose che non succedono in nessuna parte del mondo”. Ma in che senso Verdi non poteva che nascere qui? Cosa c’entra la sua musica con la sua terra? Mi risponde un altro intellettuale-bussetano-organico-al-territorio, Afro Gotti, architetto musicologo: “La musica di Verdi contiene la stessa sensibilità alla forchetta di un cotechino, è musica che si sente al palato. Oltretutto lui componeva con la stessa dedizione e la stessa precisione con cui qui si conserva il maiale. E non a caso lo hanno accusato di essere fin troppo legato alla tradizione bandistica della sua terra”. E intanto che chiacchieriamo passa per la Piazza un signore che canta “Pom cot! Pom cot!”, una antica filastrocca tradizionale da banditore, venditore di mele, che in realtà è identica alla marcia dell’Aida. Che Verdi abbia copiato???

Forse il Maestro Verdi l’ha copiato?

Patrizio Roversi

Immagine di copertina di Flickr User Renaud Camus

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