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Abruzzo a tavola, nel piatto e nel bicchiere

Abruzzo Food Experience, “benvenuto a casa tua”!

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A come Abruzzo, A come autentico. Se i luoghi avessero voce, l’Abruzzo direbbe “Benvenut a la càse tè” (in dialetto abruzzese), benvenuto a casa tua, welcome to your home, al turista che arriva. Autenticamente accogliente, autentici i borghi e le ricette tramandate e anche un certo modo di fare aperto per natura, l’Abruzzo è una “regione quattro stagioni”, con il mare a meno di un’ora dalle piste da sci. Un micromondo di onde, vette, borghi e golosità, città costiere, porti e torrenti, olio, vino, frantoi e cantine senza distrazione e senza superfluo.

L’Abruzzo è una regione, ma anche una comunità. “Quel senso ospitale che è in noi, un po’ dovuto alla conformazione di una terra isolata, diciamo addirittura un’isola (nel Decamerone, Boccaccio cita una sola volta l’Abruzzo, come regione remota: ‘Gli è più lontano che Abruzzi’); un’isola schiacciata tra un mare esemplare e due montagne che non è possibile ignorare, monumentali e libere: se ci pensi bene, il Gran Sasso e la Majella sono le nostre basiliche, che si fronteggiano in un dialogo molto riuscito e complementare” – scriveva Ennio Flaiano (Pescara,1910 – Roma, 1972) a Pasquale Scarpitti (Castel di Sangro, AQ, 1923 – Pescara, 1973) nel 1971. – “Ma le mie ‘estati’ sono abruzzesi, e quindi conosco bene dell’Abruzzo il colore e il senso dell’estate, quando, dai treni che mi riportavano a casa da lontani paesi, passavo il Tronto e rivedevo le prime case coloniche coi mazzi di granturco sui tetti, le spiagge libere ancora, i paesi affacciati su quei loro balconi naturali di colline, le più belle che io conosca”, prosegue la lettera che uno dei più grandi intellettuali abruzzesi, giornalista, scrittore e sceneggiatore, indirizzò a un altro grande giornalista e intellettuale della stessa terra.

Perché l’Abruzzo è Gabriele D’Annunzio, ma non lui soltanto, e un “itinerario” fra i luoghi delle sue donne e dei suoi uomini di cultura, dello sport, dello spettacolo potrebbe essere una nuova formula turistica nei posti dove l’ispirazione diventa evocazione. Sono tante le chiavi per entrare nell’Abruzzo e conoscerlo e io ne propongo quattro. Si tratta di quattro paesaggi: quello della tavola, quello delle tradizioni e tipicità, comprese le agroalimentari, quello degli ambienti e il paesaggio di musei e luoghi d’arte. A suggerirli l’educational press tour “Abruzzo Food Experience” edizione 2021, organizzato dalla Camera di Commercio di Chieti Pescara dal 22 al 26 novembre, un’esperienza mirata alla tavola, ma concepita anche come conoscenza del contesto.

Il territorio nel piatto

Mare in primo piano sulle tavole di Pescara, con un nome che è una garanzia di freschezza e scelta oculata: La Barcaccia della famiglia Di Cesare. “La Barcaccia” sta a poche decine di metri dal mare, lo stesso mare da cui sono arrivate le portate della nostra cena: Canocchie Gratinate, Alici Scottadito, Totanetti fritti con Peperoni Arrosto, Panzerotti e Lumaconi con Pomodori e Rosmarino, Pallottine Cacio e Ovo con Cozze, Pacchero in Brodetto di Pesce, Parrozzo in Semifreddo. Il pesce e i crostacei la fanno da padrone, ma va notata anche l’introduzione dei Peperoni come contorno, la cui coltivazione è diffusa in Abruzzo e nota, come nel caso del Peperone dolce di Altino, che è anche Presidio Slow Food.

Sempre a Pescara, all’Osteria numero 1000 nel quartiere più storico della città si mangia quel che fornisce il mercato del giorno che si tiene nel quartiere stesso: prodotti a chilometro letteralmente zero, con qualche escursione nei dintorni. E la proposta guarda agli orti e alle colline: antipasto di Pecorino di Amatrice di varie stagionature con contorno di rape e fagioli, Maltagliati acqua e farina con Ceci e Peperone dolce, Pollo ruspante di Faricelli di Villa Badessa in casseruola. Come dolce, la Pizza dolce abruzzese, che non è una pizza vera e propria, ma una torta di marzapane farcita, da sempre presente nei matrimoni.

A San Salvo Marina, in provincia di Chieti, il ristorante Al Metrò dei fratelli Nicola e Antonio Fossaceca s’è vista confermata per il decimo anno la stella della guida Michelin. La nostra cena ha compreso i piatti emblematici del ristorante stellato: come aperitivo, Melone al San Pasquale; Bigné con Sgombro e Sedano; Cracker al Sesamo, Ricciola e Salsa d’Ostrica; Polenta, Lattuga di mare e Acciuga del Cantabrico; Arancino di Riso e Ventricina. Per antipasto: Triglia in skapece espressa con Salsa agrodolce al miele. Primo: Ravioli di Ricotta nel Brodetto di Crostacei e Dragoncello. Secondo: Ventresca di Tonno, Pak-choi e Zucca alla brace. Dolce: Torta di Mele, Gelato alla Vaniglia e Panna Acida.

Il territorio nel bicchiere

“Nella mia vita ho cercato di seguire quello che sono, per dare un senso autentico a quello che faccio”: parole di Franco D’Eusanio, che dell’Azienda Chiusa Grande di Nocciano, in provincia di Pescara, è il proprietario e l’anima. Il suo pensiero è riassunto in un decalogo “del Vinosofo” che è l’impronta della “Vinosophia” applicata in Azienda:

  1. Sognare ad occhi aperti
  2. Tornare alla natura
  3. Trascorrere una vita piacevole
  4. Fuggire le false ambizioni
  5. Evitare le mode fugaci
  6. Sedurre e lasciarsi sedurre dalla terra
  7. Essere corretti anche quando non conviene
  8. Riscoprire la ruralità arcaica abruzzese
  9. Fare un vino buono senza essere schiavi del profitto
  10. Dare personalità al vino, rispettando il benessere psicofisico di chi beve.

Per comprendere la complessità del pensiero di Franco D’Eusanio si può fare soltanto una cosa: provare i suoi vini, tutti biologici, approcciarsi ai naturali e agli ancestrali, immergersi nella multisensorialità della sala di degustazione che sta in continuità con i vigneti attraverso una grande vetrata oppure scoprirli nelle luci e nelle musiche che coinvolgono tutti i sensi. D’Eusanio è generoso con gli assaggi e anche di spiegazioni e mostra le vasche di roccia di Petra Iniqua (Pietranico) utilizzate per la pigiatura e la vinificazione come facevano un tempo nelle campagne collinari abruzzesi, un recupero evocativo che non è (soltanto) poesia, ma ricerca, in nome della naturalità.

A proposito di tradizione e continuità, ne vanta di plurisecolari l’Azienda Agricola Nicola Santoleri di Guardiagrele, in provincia di Chieti. La sede attuale risale al ‘700, ma l’archivio storico racconta vendite, acquisti e permute di vigne sin dal Medioevo. La tenuta, molto estesa, comprende 28 ettari a vigneto, di cui 26 a Montepulciano d’Abruzzo e 2 a Trebbiano. L’Azienda conserva una cantina storica, dove trovano posto 25 botti di rovere, nel borgo del paese. Abbiamo degustato due dei vini di Santoleri, in abbinamento con ricette tipiche, presso il ristorante “Fuori comune” che sta esattamente nella piazza del Comune di Guardiagrele. “Vignaladra” 2015 e “Crognaleto” 2010, entrambi Montepulciano d’Abruzzo al 100%, il secondo invecchiato in botti di rovere per 18/20 mesi, nascono da terreni posti a 350 metri sul livello del mare.

Cinzia Montagna

continua…

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