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Assaggia la cucina mantovana!

Cucinata sui fornelli della sua storia! Meglio godersela in inverno…

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Se volete assaggiare Mantova a tavola, meglio frequentarla nei mesi freddi, perché col caldo potrebbe stroncarvi: la cucina mantovana non è leggera, e presuppone una passeggiatina post-pasto per digerire, magari tra Piazza delle Erbe e Piazza Virgiliana, passando da Piazza Pallone e da Piazza Sordello.

La cucina mantovana è cucinata sui fornelli della sua storia: qui gli Austriaci hanno lasciato non solo una certa nostalgia per le loro capacità amministrative, ma anche il gusto del dolce-salato. Il matrimonio mio e di Syusy stava per saltare proprio per questo: quando la famiglia di lei – bolognese doc – è venuta a Mantova a conoscere i miei, ha osato rifiutare i tortelli di zucca (il cui ripieno prevede appunto zucca, amaretti e mostarda) al grido di “Oh, ma che impressione! Dolce & salato, che schifo!”. Per fortuna mio suocero, ansioso di accasare la figlia, si è fatto coraggio e si è mangiato anche le razioni di moglie e cognata e l’incidente diplomatico è stato risolto. Per fortuna non abbiamo ritenuto opportuno offrire anche il bevrinvin, che consiste nell’allungare il brodo di carne con vino rosso.

Ricordo a questo proposito un altro episodio inquietante: durante una cena in occasione del Festivaletteratura un americano mi ha visto sussumere un sorbir d’agnoli (agnolini in brodo allungato col vino) ed è rimasto entusiasta, tanto che voleva innaffiare col vino rosso anche un piatto di pasta e fagioli! Ho provato a spiegargli che non era il caso, ma non ha voluto darmi retta e forse a colazione è riuscito a contaminare anche vino e caffelatte.

Le specialità mantovane – tortelli di zucca, agnolini, risotto con la salamella, stracotto d’asino e torta sbrisolona innaffiati da lambrusco detto “scagarone” per le sue qualità che più che digestive sono lassative – sono squisite ma anche ben definite e difficili da “capire”. E nella loro definizione gastro-filologica si misura la loro identità forte: per esempio anche i Ferraresi fanno i tortelli di zucca, ma senza mostarda e soprattutto commettono il sacrilegio di servirli con salsa di pomodoro, quando viceversa il tortello mantovano-doc accetta solo un condimento al burro e formaggio, parmigiano-reggiano!

Anche la salamella del risotto non ha nulla a che vedere con la salsiccia, senza contare che il riso deve essere rigorosamente vialone-nano-semifino cotto rigorosamente a vapore: si mettono in una pentola di coccio o di rame due volumi di acqua e uno di riso, si cuoce per 10 minuti e poi si aggiunge la salamella soffritta e si lascia riposare per altri 15. E gli agnolini mantovani non hanno nulla in comune coi cappelletti ferraresi o coi tortellini emiliani: il pesto (che in questo caso è tutto cotto, anzi stra-cotto) è diverso. Insomma, dimmi come cucini e ti dirò da dove vieni. Mantova è un gioiello, merita un lungo week end, pasti compresi.

Patrizio Roversi

Immagine di copertina diFlickr User MS-R / Michael S-R (@senroy)

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