Ti piacerebbe passare una notte in un vero castello?
Viaggio fra le Ville Medicee: l’essenza del Rinascimento Toscano
Arte, misteri e i destini tragici delle donne del Rinascimento nelle dimore UNESCO dei Medici
di Syusy Blady
Viaggiare attraverso le Ville medicee della Toscana, dichiarate patrimonio dell’UNESCO, è un modo non solo per immergersi nel vero Rinascimento italiano, con la sua bellezza, armonia e riscoperta dei classici, ma anche per sfuggire alla folla del centro di Firenze, spesso sovraffollato di turisti. Queste ville rappresentano ciò che i Medici stessi consideravano il meglio della loro epoca. Generazioni di Medici investirono ingenti somme per acquistare e ristrutturare numerose proprietà, che divennero l’emblema del loro potere e prestigio.
Ne ho visitate una decina: Cerreto Guidi, Poggio a Caiano, Poggio Imperiale, Pratolino, La Petraia, Villa Castello, Serravezza, il Giardino di Boboli, lo stesso palazzo Medici Riccardi. Quando possibile, le ho raggiunte in bicicletta, percorrendo le Vie dei Medici o spostandomi con altri mezzi verso le ville più lontane. Per un turista, credo sia un’esperienza unica che, come ho raccontato nel documentario che potete vedere sul sito di La7, permette di rivivere momenti pubblici e privati della storia della famiglia Medici: dalla ricchezza di Bicci, il capostipite, e di Cosimo il Vecchio, alla Congiura dei Pazzi, fino alle vicende oscure dei Granduchi Francesco e Ferdinando e alle storie noir che coinvolgono le donne del Rinascimento, come Isabella e Bianca. Le donne del Rinascimento, come Isabella e Bianca Cappello, ebbero spesso una fine tragica per mano degli uomini. Era una realtà diffusa all’epoca: nessuno le difendeva, nemmeno il loro rango.
Due ville e due Donne
Per raccontare la Villa Medicea di Cerreto Guidi, è inevitabile parlare di Isabella de’ Medici, la perla del Rinascimento. Il 16 luglio 1576, Isabella morì proprio qui, a Cerreto Guidi. Ma cosa accadde davvero? Fu uccisa dal marito, strangolata sul letto che ancora oggi possiamo vedere nella sua stanza? Isabella era la figlia prediletta di Cosimo I de’ Medici e di Eleonora di Toledo. Era una delle donne più colte del suo tempo: parlava francese, italiano, spagnolo, conosceva anche il latino e il greco. Fu educata per diventare una gran dama, e infatti il padre la portava con sé alle cerimonie più importanti e politiche dell’epoca. Ma lei amava l’arte. Alla sua corte c’erano poeti, artisti, musicisti. Lei stessa componeva e suonava il liuto. Naturalmente Isabella si dovette sposare giovanissima a 14 anni con Paolo Giordano Orsini, un nobile importante. Il loro matrimonio fu sfarzoso, quasi regale. Ma si amarono o non si amarono? Era un matrimonio di convenienza? Si dice che Orsini avesse un’amante che sposò dopo la morte della moglie e che lei, forse, frequentava il cugino del marito.
Nel 2011, l’archivista Elisabetta Mori pubblicò un libro che smentisce queste voci, recuperando circa 500-600 lettere che i due sposi si scambiarono. Da queste lettere emerge un grande amore reciproco: lui le scriveva “Io ti adoro, bella mia, e credimi che quando morirò, né figli, né stato, né amici, né dame, per nessun’altra cosa sarò ricordato, se non che ti adoro.” E Isabella ricambiava questo amore, come dimostra una famosa composizione musicale. Nel suo ritratto, Isabella tiene tra le mani un foglio di musica, che potrebbe essere la canzone “Lieta, vivo e contenta”, una dichiarazione d’amore al marito… o al cugino di Orsini, come sosteneva il volgo? “Lieta, vivo e contenta, da poi che il mio bel sole mi mostra chiari raggi come suole, ma così mi tormenta se lo vedo sparire, che piuttosto vorrei sempre morire.” Il mistero sulla morte di Isabella, proprio qui a Cerreto Guidi, rimane ancora irrisolto. All’epoca, come oggi, l’amore poteva essere un rischio.
La Villa Medicea Poggio a Caiano
Sopra la collina da cui si ammira la Villa di Poggio a Caiano, si trova la chiesetta di Bonistallo. Qui sono stati ritrovati gli intestini di Francesco I e Bianca Cappello. Ma perché furono conservati? Per essere esaminati, a seguito della loro morte controversa. Una storia noir, accaduta proprio qui vicino, alla Villa Medicea di Poggio a Caiano. E allora andiamo, scendiamo verso la villa. Possiamo farlo a piedi, percorrendo un tratto della Strada Medicea, un sentiero che attualmente collega tutte le Ville Medicee della zona di Prato, incluso il Giardino di Pratolino, che ho visitato, con il suo giardino alchemico voluto dal Granduca Francesco, che forse si dedicava più alle ricerche esoteriche che alla politica. A Pratolino ho appreso della storia d’amore tra Bianca e Francesco, che ha il suo tragico epilogo proprio qui. Arrivando alla villa, la prima cosa che colpisce è sicuramente il fregio voluto da Lorenzo il Magnifico, colui che commissionò la costruzione della villa. Il fregio rappresenta il passaggio dell’anima da una vita all’altra, con citazioni da Ovidio, Platone e tanti riferimenti ermetici. Essendo ermetici, sono difficili da comprendere… altrimenti sarebbero espliciti! Ma qui siamo al culmine del Rinascimento, un’epoca in cui si filosofeggiava riscoprendo i classici, inseguendo il bel vivere, la bellezza, l’arte e anche… le belle donne. A proposito, non si può non parlare della vita di Bianca Cappello, una storia da favola!
Bianca fu la prima “arrampicatrice sociale” ante litteram. Nasce nel 1548 a Venezia, alla morte della madre ha una matrigna che la relega in una stanza del palazzo. Ma lei, come nella favola di Raperonzolo, si fa rapire da Pietro Bonaventuri. Che la porta a Firenze, la New York del periodo! Ma come nella favola di Barbablù, Pietro si rivela prepotente e indigente: la fa lavorare al posto della serva, prontamente licenziata. Naturalmente Bianca, come Cenerentola, riesce ad andare al ballo! Va alla Corte dei Medici dove Francesco I, Granduca di Toscana, si innamora immediatamente di lei. Nonostante Francesco fosse già sposato con Giovanna d’Austria. Lei riuscì addirittura a diventare la dama di compagnia di Giovanna, che ebbe la buona creanza di morire subito dopo e lasciare libero Francesco… Pochi giorni dopo il funerale della moglie Francesco si affrettò a sposare Bianca, con una cerimonia privata. Ma vissero felici e contenti? No! Come nelle fiabe, Bianca aveva un grande nemico, Ferdinando, fratello di Francesco, a cui era stata imposta la carriera ecclesiastica. Lui parla malissimo di Bianca e la fa odiare da tutti. Anche dal popolo che rima “Da puttana a Granduchessa di Toscana”. Ma ad un certo punto Ferdinando sembra riprendersi da queste cattiverie e vuole riconciliarsi con Francesco e Bianca. Cosa c’è di meglio che invitarli a pranzo nella Villa di Poggio a Caiano, proprio qui? Dopo il pranzo, sia Francesco che Bianca iniziarono a sentirsi male, con gravi problemi di stomaco. Furono separati e non poterono più incontrarsi, né vedere nessun familiare. Così, morirono contemporaneamente, tenuti separati fino alla fine da Ferdinando, che continuava a scrivere: “Si stanno riprendendo, tutto bene.” Tutto bene? Stavano morendo! Non si poterono neppure abbracciare nell’ultimo momento della loro vita. Quando poi gli intestini, conservati per essere esaminati, furono analizzati, si parlò di malaria… ma si sospettò anche l’arsenico!
La Villa Medicea della Petraia
Fatto sta che Ferdinando alla morte del fratello Francesco si spreta e diventando Granduca fa un matrimonio importantissimo, sposa Cristina di Lorena con nozze regali celebrate anche dall’opera celeberrima: Gli intermezzi della Pellegrina. La sposa, poi elegge la Villa La Petraia a sua casa di elezione facendo affrescare la suntuosa loggia con i personaggi importanti della casata dei Medici, come dire: qui si fa sul serio, i Medici non sono solo gente ricchissima e potente, ma sono più che nobili. E Ferdinando fa dipingere le lunette che ritraggono tutti i suoi possedimenti, le ville alle quali è particolarmente legato. Le ville che si possono visitare e ammirare ancora adesso grazie al lascito di una discendente dei Medici, l’Elettrice Palatina, che con grande lungimiranza lasciò allo Stato italiano i beni di cui era in possesso, con l’impegno che servissero a non disperdere il patrimonio artistico e per la curiosità dei forestieri, cioè dei turisti come noi.